Le industrie vittoriesi tra Ottocento e Novecento: l’attività industriale dei cementifici

Livio Caberlotto e l’attività industriale dei cementifici a Vittorio Veneto

L’attività industriale dei cementifici a Vittorio Veneto: è questo il tema che verrà affrontato dallo storico Livio Caberlotto, in questa puntata di “Le industrie vittoriesi tra Ottocento e Novecento”, in collaborazione con il Circolo Vittoriese di Ricerche Storiche di Vittorio Veneto.

Intervista allo storico Livio Caberlotto – Video di Monica Ghizzo

Una storia lunga 150 anni 

“Parlare di industria del cemento a Vittorio Veneto vuol dire fare un percorso di esattamente 150 anni. L’inizio dell’industria del cemento in città è nel 1858 e termina nel 2008 quando la fabbrica, posta sul lato sinistro del fiume Meschio nei pressi della Pieve di Sant’Andrea, cessa definitivamente l’attività.

Nel 1858, con l’insediamento della fabbrica, si parlava di calce idraulica, non ancora di cemento.La calce è dovuta all’opera di un giovane ingegnere francese, Giovanni Battista Croce che era stato assunto da una società che lavorava per conto della compagnia delle strade ferrate del lombardo-veneto. L’azienda aveva in concessione l’esercizio di tutte le ferrovie del lombardo-veneto ed era incaricata anche della progettazione delle nuove ferrovie. 

Per costruire una ferrovia, era necessario manodopera, tecnologie e materiali soprattutto esteri per cui, la ferrovia, si avvalse di una società francese, per la quale lavorava l’ingegner Croce. Il giovane fu incaricato di insediare una fabbrica di calce idraulica e la scelta cadde su Vittorio Veneto perché era un luogo le cui colline erano ricche di marna – una roccia formata da un misto di calcare carbonato, calcio e argilla, composta da illuminati e silicati di calcio – idonea per produrre la calce idraulica: un legante che si adopera in edilizia che ha la capacità di indurire e di far presa anche a contatto con l’acqua, idonea per costruire ponti, fortificazioni e vari manufatti. 

Giovanni Battista Croce inizia nel 1858 come direttore dello stabilimento e, quattro anni dopo, prende in affitto e si mette in proprio. Nel 1870 acquista addirittura lo stabilimento e produce calce idraulica. All’epoca, la fabbrica, impiegava circa 150 persone. Accanto alla produzione di calce, c’era anche la produzione di tutta una serie di manufatti: piastrelle laterizi, tubi per condutture idrauliche e molto altro, che venivano fatti con gli scarti della produzione

Nel frattempo nel 1878 comincia ad esserci la concorrenza: Bonaldi e Balliana insediano uno stabilimento di calce idraulica nella stretta di Serravalle, dietro il duomo in prossimità del fiume Meschio. Loro hanno l’intuizione di scavare il colle di Sant’Augusta e di insediare lì vicino, quindi senza particolari spostamenti del materiale, l’officina per la produzione della calce. 

Qualche anno dopo, entra in gioco la società italiana della calce idraulica e dei cementi di Bergamo che compera entrambe le fabbriche di Serravalle e avvia una produzione in larga scala, con una serie di sostentamenti economici. Negli ultimi due decenni del 1800, l’industria del cemento a Vittorio Veneto è una delle industrie di punta e serve a fornire la calce idraulica, e poi il cemento, per la maggior parte delle opere pubbliche del Veneto: ferrovie centrali, caserme e argini. La produzione continua per tutto il 1900. Nel frattempo la Società italiana di Bergamo era diventata di proprietà della famiglia Pesenti e aveva trasformato la denominazione in Italcementi e così rimane tutt’ora”.

Calce idraulica e cemento 

“Che differenza c’è tra calce idraulica e cemento? Per entrambi viene utilizzata la marna. La differenza è che, mentre la calce idraulica deve essere prodotta attraverso una cottura a mille gradi, per il cemento è necessaria una temperatura di cottura di circa 1400 – 1500 gradi, la transizione avviene in maniera graduale, soltanto con l’installazione di fornaci che raggiungono temperature molto più elevate”. 

La produzione del cemento 

“Come avviene la produzione del cemento? La produzione del cemento avviene attraverso l’estrazione della marna. Nelle colline di Vittorio Veneto abbiamo tutta una serie di cave: la prima dietro il Colle di San Paolo, a Costa e, quella più importante, in cima al Monte Pizzoc la quale ha richiesto il trasporto a valle. Il trasporto è stato effettuato attraverso una teleferica costruita all’inizio del 1900, lunga sei chilometri e con circa una cinquantina di piloni che si possono, in qualche punto del tracciato, vedere tuttora. 

Il materiale, attraverso dei vagoncini che correvano lungo questa teleferica, veniva portato alla fabbrica dove veniva frantumato, macinato, omogeneizzato, cotto e ulteriormente ridotto in polvere fino ad arrivare al confezionamento e all’invio in tutta Italia e anche all’estero. Il trasporto avveniva di solito in ferrovia, per questo motivo fino al 1925 esisteva un raccordo ferroviario tra la fabbrica dell’Italcementi e la stazione di Vittorio Veneto che congiungeva appunto le due realtà. A ridosso della stazione ferroviaria c’erano tutta una serie di depositi che servivano per l’immagazzinamento prima dell’invio all’estero”.

La fine della produzione 

“La produzione cessa, nella fabbrica di Vittorio Veneto, nel 1972. Nel 2008, dopo circa trent’anni in cui veniva fatto un’attività di immagazzinamento e di confezionamento del prodotto che arrivava da altri stabilimenti del gruppo Italcementi, l’attività cessa definitivamente e abbiamo la realtà che vediamo tuttora: un manufatto industriale abbandonato e il cui destino è nelle mani della proprietà e di chi ha a cuore lo sviluppo urbanistico della nostra città”. 

(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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