Storie di violenze sulle donne: “Si pensa sempre che succedano ad altri”

Una delle tante “panchine rosse” presenti nella Marca: questa a Refrontolo

In queste ore si stanno moltiplicando gli appelli al mondo femminile affinché abbiano maggiore cura di sé e chiedano aiuto in caso di difficoltà, mentre non mancano le riflessioni sul tema della violenza di genere, un problema che pare essere diventato una piaga sociale dalle radici profonde e inestirpabili.

Un problema dalle proporzioni crescenti e dalle numerose sfaccettature, che portano tutte allo stesso messaggio: sensibilizzare per prevenire ed evitare altri tragici femminicidi.

Un messaggio che questo 25 novembre 2023 prende maggior corpo e assume un valore differente alla luce dei fatti che hanno riguardato Giulia Cecchettin, 22enne che non è riuscita sfuggire alla violenza dell’ex fidanzato, e per questo divenuta, suo malgrado, il simbolo di tutte coloro che hanno perso la vita, hanno sofferto o continuano a soffrire a causa di un amore malato.

Una riflessione che prende maggior vigore alla luce del racconto fatto da Antonella Caldart, assessore del Comune di Vittorio Veneto, che vede tra le proprie deleghe quelle al Sociale e alle Pari opportunità ma, oltre a ciò, segue il Centro antiviolenza del vittoriese (Cav).

Caldart ha raccontato l’iter che accompagna una donna fino al Centro e quali sono gli elementi che accomunano queste storie di violenza.

“Il Centro è gratuito e contattabile anche telefonicamente, altrimenti c’è il 1522 che è una linea sempre attiva e indirizza ai vari centri antiviolenza – ha spiegato – Negli ultimi 4-5 anni si è creata una stretta rete con gli ospedali e le Forze dell’Ordine. Una donna che si trova in difficoltà può portare con sé i figli e, in caso di gravità del caso, vengono messi in sicurezza in una delle case di rifugio che sono disponibili: solo 2-3 persone ne conoscono l’indirizzo, sono dei luoghi protetti”.

“La prima cosa da fare quando si arriva al Centro è quella di fidarsi, perché è un punto di riferimento dove la donna maltrattata non viene abbandonata, ma trova supporto – ha proseguito – In un anno vengono mediamente prese in carico 120-130 donne: di queste, poche sono giovani, mentre l’età media è di 40-55 anni, ma non mancano anche le donne anziane. Si è allargata la platea, considerato che si rivolgono al Centro anche donne di età superiore ai 70 anni. Sono aumentate inoltre le donne straniere”.

“C’è da dire che è aumentata la consapevolezza e più donne chiedono aiuto rispetto al passato. Per questo aumentano i corsi, rivolti anche a estetiste e parrucchiere le quali, di fronte a determinate confidenze, devono consigliare alle clienti di rivolgersi ai centri o di chiamare i Carabinieri – ha aggiunto – Questo perché c’è tanta paura di entrare in un Centro, per il timore che la propria storia diventi nota. In realtà bisogna sfatare questo timore, in quanto c’è la massima privacy ed è come se si entrasse in un confessionale, dove nessuno giudica e nessuno diffonde nulla”.

“Ci sono uomini che vanno nei centri per risolvere il proprio comportamento violento, ma molti lo fanno solo perché li mandano lì i giudici – ha continuato – Mi chiedo se siano consapevoli della gravità dei loro comportamenti: ecco il motivo per cui nelle scuole superiori si fanno i corsi sul linguaggio nei confronti degli altri e delle proprie compagne di classe. L’uso della lingua porta a dei cambiamenti culturali“.

Ma quali sono i tratti che accomunano le varie storie di violenza che arrivano al Centro? “Molte donne sentono il bisogno di fare da crocerossina, hanno paura che l’altro commetta qualche atto contro se stesso: così facendo, alla fine, non si prendono cura di sé – la risposta di Caldart – La paura di creare dolore nell’altro è una cosa che accomuna tutte. Poi c’è la tendenza a giustificare, perché pare impossibile che una figura familiare possa commettere determinati atti”.

“La violenza oggi coinvolge tutte le fasce socioculturali, anche le donne professioniste ed economicamente indipendenti – ha proseguito – Per loro è davvero difficile liberarsi da un amore malato e, se ci sono dei figli, viene usato questo aspetto per ricattare. Per questo il Centro conta sulla presenza di due psicologhe e un legale”.

Come riferito dall’assessore, il 98% di questi casi si verifica in ambiente familiare, ma ci sono anche dei casi di stalking.

“Gli uomini devono dare il loro aiuto: significativo il fatto che ora iniziano a essere presenti alle iniziative e spettacoli che trattano il tema della violenza di genere – ha concluso – Si pensa sempre che succeda agli altri, ma bisogna essere proattivi. Sentiamo delle storie davvero tristissime, dove sono anche le bambine a chiamare i pronto soccorsi per le madri”.

(Foto: archivio Qdpnews.it).
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