Vittorio Veneto, il recupero dell’ex stazione Fs di Nove “asso nella manica” per il rilancio turistico della Val Lapisina, tra opportunità e rischi

Da edificio dismesso e in stato di abbandono pressoché totale, pessimo “biglietto da visita” della città per chi arriva da nord lungo la statale Alemagna, a opportunità turistica per il rilancio della Val Lapisina.

Nelle “Raccomandazioni strategiche per lo sviluppo turistico della Città di Vittorio Veneto”, adottate nei giorni scorsi dalla giunta Miatto, uno dei quattro allegati è interamente dedicato al “Progetto di sviluppo turistico della Val Lapisina”, la circoscrizione più grande del territorio comunale, ricca tanto di risorse naturalistiche e storiche quanto di criticità legate in buona parte, secondo molti residenti, alla costruzione del tratto Vittorio Veneto – Belluno dell’A27.

L’arrivo dei giganteschi viadotti dell’autostrada ha comportato un progressivo spopolamento di attività economiche e di residenti, e a farne le spese è stata anche la fermata ferroviaria di Nove, l’ultima in territorio trevigiano della linea Venezia – Belluno, dove da una decina di anni i treni non fermano più.

In uno dei paragrafi del progetto turistico per la valle si affronta anche il tema della riqualificazione del patrimonio ferroviario, portando come esempi virtuosi una stazione a noi vicina, quella di San Stino di Livenza (linea Venezia – Portogruaro – Trieste), diventata “Green Station” attraverso un comodato sottoscritto da Legambiente, Fs Italiane e Rfi che l’ha portata a diventare un punto di riferimento per il turismo sostenibile e ambientale, e una lontana, la stazione siciliana di Paternò – San Marco. La stazioncina in provincia di Catania, “da cui storicamente partivano i vagoni carichi di agrumi – si legge nel progetto – è oggi sede di spettacoli, concerti, workshop con artisti da tutta Italia, mercati con produttori della zona ed è polo museale e culturale”. Una “buona pratica” di recupero del patrimonio ferroviario segnalata anche da Rfi.

La (a dir poco) fatiscente ex stazione di Nove potrebbe intraprendere un percorso simile, magari tornando anche a ospitare le fermate dei nuovi treni elettrici che collegano i patrimoni dell’Unesco Venezia, Conegliano (colline del prosecco) e Belluno (Dolomiti)? Il progetto adottato dalla giunta afferma che la stazione di Nove può avere un’opportunità di scalo “lungo la ciclabile Vittorio Veneto – Santa Croce del Lago, tramite l’attivazione di treni a scopo turistico con servizio di trasporto biciclette, con fermata magari limitata ai weekend, almeno inizialmente”. Inoltre, la stazione lapisina potrebbe essere intesa come “snodo logistico e facilitatore/attrattore di turismo “green”, che favorisce la decongestione del traffico via gomma, di strade e parcheggi, in particolare nei periodi di alta stagione, e fornisce un’alternativa di facile accesso ai visitatori grazie al collegamento con la stazione di Conegliano”.

Certo, non mancano le criticità: “La stazione è in condizioni strutturali critiche, aggravate dalla tempesta Vaia che ha causato danni ingenti al tetto, che richiedono investimenti corposi e mirati per la riqualificazione”. Inoltre, sempre secondo il progetto, “il successo della riqualificazione dipende in toto dal lavoro di valorizzazione turistica della valle, in quanto la fermata è già stata dismessa per calo di utilità a scopo trasporto, e futuri investimenti andranno valutati parallelamente a investimenti sull’intero patrimonio della Val Lapisina”.

Il rilancio della valle è all’ordine del giorno della politica vittoriese da anni, anzi da decenni. L’ex stazione potrà dare un contributo? “Mentre al di là del Fadalto si continua a parlare di un miracoloso “sbocco a Nord”, che più o meno occultamente è il prolungamento della A27, al di qua della Sella abbiamo l’esempio concreto, furbescamente ignorato da troppi, degli effetti del prolungamento autostradale fatto trent’anni fa – afferma Alessandro De Nardi, esponente dell’associazione TreniBelluno e residente in Val Lapisina – Qui sono arrivati pochi benefìci, moltissime criticità irrisolte, e nessun freno, anzi un’accelerazione alle dinamiche di impoverimento sociale, spopolamento e abbandono del territorio. La stazione di Nove, chiusa da tempo e compromessa forse definitivamente dal maltempo, può essere presa come simbolo e soprattutto come laboratorio di politiche concrete che possano dare un futuro diverso a un quartiere che sembra anticipare di qualche decennio quello che succede all’intero Comune di Vittorio Veneto”.

“Le azioni da intraprendere sono però più complesse degli slogan – avvisa De Nardi -. Per esempio, il ripristino della fermata dei treni non appare sostenibile né per i residenti, né per i frequentatori della spiaggia del lago: quante persone davvero lascerebbero a casa la propria automobile per raggiungerla? Temo troppo poche, per motivazioni culturali e pratiche. E al giorno d’oggi una fermata ferroviaria non richiede più edifici così grandi e spazi così estesi, ma un buon numero di viaggiatori lungo tutto l’anno. A questo ragionamento, valido tra l’altro per la proposta di qualsiasi nuova fermata, vanno aggiunte considerazioni di scala superiore. I treni che fanno servizio tra Venezia e Belluno sono già stati oggetto di critiche per l’eccessivo numero di fermate, alle quali se ne andrebbe ad aggiungere un’altra. Quasi cent’anni fa la stazione di Nove ha trovato la sua ragione di essere nell’agevolare la circolazione dei treni mossi dalle locomotive a vapore, e nei sassi calcarei della valle che caricati su carri ferroviari venivano portati altrove per formare le massicciate dei binari. Cosa sarà per i prossimi cent’anni? Dovessi fare una scommessa punterei sul cicloturismo”.

(Foto: archivio Qdpnews.it).
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