Dal piccolo forno sotto la torre la storia di Fraccaro Spumadoro, fra lievito madre e amore per la semplicità

Luca Fraccaro davanti a un’immagine d’epoca dell’azienda di famiglia

Che si tratti di una brioche, di una treccia o, visto il periodo, di un panettone, un buon dolce da forno, per quanto semplice, riesce come poche altre cose a portare gioia sulle nostre tavole, a scaldare i cuori e a far scoprire il piacere della condivisione. In “Una cosa piccola ma buona” di Raymond Carver il senso di conforto che delle ciambelline calde riescono a donare ai due sfortunati protagonisti è l’elemento centrale di uno dei racconti più belli e profondi mai scritti dal grande autore americano. Questo per dire che sfornare dolci, e farli a regola d’arte, in qualche modo è un atto d’amore che fa rima con “buono e semplice”.

Il concetto di “semplicità” infatti ricorre nel racconto di Luca Fraccaro, rappresentante, assieme a Michele Fraccaro, della terza generazione di una famiglia che da quasi un secolo mette mani (e cuore) in pasta. I volti dei “capostipiti”, nonno Giovanni e l’autorevole nonna Elena, campeggiano sulla foto d’epoca che copre un’intera parete del bistrot e punto vendita annesso allo stabilimento della Pasticceria Fraccaro Spumadoro a Castelfranco Veneto.

“La nostra storia inizia nel 1932 con un piccolo panificio in centro, proprio sotto la Torre – racconta Luca Fraccaro -. I miei nonni avevano preso il negozio in affitto e da lì cominciarono a sfornare inizialmente solo pane e più tardi, dopo la seconda Guerra mondiale, anche i dolci, specializzandosi nella lavorazione con il lievito madre”. 

Fu allora, a cavallo tra due guerre mondiali che Elena e Giovanni misero a punto le ricette di quelli che tutt’oggi, a quasi cento anni di distanza, rimangono i lievitati simbolo del marchio Fraccaro quali la treccia, le focacce, il panettone e il pandoro. Una decina d’anni fa con l’ingresso in azienda della quarta generazione rappresentata da Paolo Fraccaro, la vocazione di famiglia per i dolci da forno della tradizione continua con la sguardo rivolto al futuro. 

“Il cambio generazionale? È avvenuto naturalmente, seguendo un percorso lineare – spiega Luca Fraccaro -. Fin da piccoli tutti noi, fratelli e cugini, siamo sempre stati abituati a dividerci fra la scuola e il laboratorio. Si lavorava anche durante il periodo delle vacanze e ognuno di noi faceva la sua parte: si mettevano letteralmente le mani in pasta, si maneggiavano gli ingredienti e poi si passava al confezionamento. Ciascuno di noi ha accumulato un’esperienza a tutto tondo, mettendo in pratica gli insegnamenti dei nonni e dei nostri genitori”.

Passione, tradizione ed esperienza sono i tre pilastri del marchio Fraccaro Spumadoro. “Dopo la Seconda guerra mondiale i miei genitori e i miei zii (quando ancora il mercato degli aromi non esisteva) misero a punto un aroma per dolci a base di una miscela di oli essenziali di agrumi che aggiunto all’impasto crea una sorta di ‘schiuma’ dorata, per questo venne chiamata ‘spumadoro’, un nome che poi abbiamo integrato nella nostra identità aziendale”. 

Oltre alla passione e alle ricette tramandate dai nonni, c’è un altro filo rosso che unisce le quattro generazioni della famiglia Fraccaro: il lievito madre, un impasto di farina e acqua nel quale vivono e si riproducono i microorganismi che, cibandosi degli zuccheri della farina, producono anidride carbonica. Usare il lievito madre allunga i tempi di lavorazione ma dà garanzia di un prodotto di alta qualità.  

“Il lievito madre è il bambino di mio cugino: lo chiamiamo così in modo scherzoso perché effettivamente è un qualcosa di vivo che va alimentato ogni giorno – prosegue Luca Fraccaro – richiede attenzione e cura continua del lievito naturale originario, che va nutrito periodicamente con l’aggiunta di farina e acqua, così da consentire ai microrganismi presenti di moltiplicarsi. Questa particolare tipologia di lievito, se ben curato non si esaurisce mai e può durare per tutta la vita”. 

 “Il valore aggiunto del lievito madre può essere riassunto in tre aspetti: per prima cosa risaltale caratteristiche organolettiche del prodotto – sottolinea il titolare – inoltre è un conservante naturale perché aiuta a mantenere più a lungo il prodotto, infine lo rende molto più digeribile per il nostro organismo. Non a caso molti clienti ci dicono che il nostro panettone non crea acidità e non appesantisce”.

“Purtroppo, la lavorazione con il lievito madre si sta perdendo ma un tempo, prima dell’avvento delle moderne tecniche di produzione, era un elemento essenziale che veniva condiviso tra le famiglie. Il pane veniva cotto una volta alla settimana in grandi forni rustici e l’impiego del lievito madre consentiva di mantenerne la morbidezza e di farlo durare più a lungo”. 

Il lievito madre, ma anche canditi a buccia fresca e ingredienti di prima scelta sono i “segreti” del panettone classico targato Fraccaro divenuto negli anni il fiore all’occhiello della storica azienda castellana e molto apprezzato anche all’estero. “In Italia, non tutti lo sanno, c’è un disciplinare che tutela il nome panettone, pandoro e colomba: per poterlo chiamare panettone bisogna seguire delle regole. Al netto di queste noi seguiamo la ricetta classica che ci è stata tramandata in famiglia. La nostra filosofia non sta nell’aggiungere, semmai nell’esaltare le qualità e il profumo degli ingredienti”.

(Autore: Rossana Santolin).
(Foto e video: a cura di Luca Vecellio)
(Articolo, foto e video di proprietà di: Dplay Srl riproduzione riservata)
#Qdpnews.it

Total
0
Shares
Articoli correlati