Toponimi della Marca trevigiana, Meduna di Livenza: “Alla scoperta di un borgo ribelle e di un misterioso fiume scomparso” 

Il toponimo di oggi: Meduna di Livenza

Oggi sostiamo a Meduna di Livenza, circa 3.000 abitanti, a ridosso del confine friulano e a soli trenta chilometri dal litorale adriatico. Nonostante il ritrovamento di alcuni reperti romani e preromani, è ragionevole collocare l’origine del borgo attorno al V – VI secolo, in concomitanza con l’arrivo in Italia delle genti gote e longobarde.

Meduna, attestata nel 1223 come “castro Medune”, deriva dall’omonimo corso d’acqua che, sei chilometri a nord del paese, confluisce nel Livenza in località Ponte di Tremeacque. Un’ipotesi, più vaga, associa Meduna a Metonius, presunto nome di un antico proprietario. Il fiume Meduna, le cui sorgenti si trovano sulle Alpi Carniche, è attestato con l’attuale denominazione già intorno al Mille e potrebbe essere il risultato della fusione di termini celtici e latini (Maidunum – Magodunum) che evocano un’imponente rocca o un fortilizio. Una seconda interpretazione vede Meduna derivare dal celtico medhu con significato di “medio” o “che sta in mezzo”.

Per quanto riguarda la specificazione “di Livenza” è evidente come questa derivi dalla prossimità del borgo al fiume che Plinio il Vecchio indica come “Liquentia”, termine a sua volta collegato con vocaboli latini o preromani correlati al concetto di liquere, il fluire delle acque. 

Giunti a questo punto appare evidente come il territorio medunense si trovi al centro di un composito bacino idrografico che comprende, oltre al Livenza e al Meduna, altri corsi d’acqua quali il Sile, il Fiume, i rii Corella, Borrida e Buridon. Una complessa rete idrografica che, nei secoli, ha plasmato l’identità del borgo e dei suoi abitanti. A questo proposito sarebbe interessante decifrare un enigma: perché il Meduna ha dato il nome al paese pur non attraversandolo? Probabilmente per via di un ramo che anticamente lambiva l’abitato e che, per ragioni ignote, in età medievale ha cessato di esistere. Su questo mistero, come su numerosi aspetti della storia del territorio, sono illuminanti le pagine di Mauro Fasan pubblicate sul sito del comune.

Assolutamente meritevole di un cenno è la curiosa storia dell’espressione “la Boje”. Una prima versione la lega al filantropo medunense Giorgio Prosdocimo che, sul finire dell’Ottocento a seguito delle inondazioni, allestì una mensa per i bisognosi nella quale una campana segnalava che l’acqua boiea (bolliva) e che iniziava la distribuzione. Una interpretazione più attendibile individua l’origine de “la Boje” in un moto popolare, guidato sempre dallo stesso Prosdocimo, nella quale la popolazione si mobilitò per scongiurare il declassamento di Meduna a frazione di Motta di Livenza.

L’impeto delle donne e degli uomini di Meduna di Livenza, decisi a difendere la propria autonomia, coincide con quello di Jacopo Robusti, il Tintoretto (1518 – 1594) soprannominato “il Furioso” per l’indole combattiva e per i peculiari contrasti di luce che caratterizzano le sue opere. Un artista che a Meduna ha lasciato due capolavori e al quale è intitolata la locale galleria d’arte.

Non possiamo lasciare il borgo senza un brindisi ai suoi abitanti: ci lasciamo sedurre da un Lison DOCG, un bianco fermo che incarna le due anime del territorio, quella veneta e quella friulana e che pare tragga beneficio dal sottile strato di argilla, il “caranto”, tipico delle terre alluvionali a cavallo fra Livenza e Tagliamento.

(Foto: Qdpnews.it ©️ riproduzione riservata).
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