Una targa davanti alla “casetta” dei suoi pazienti, un bassorilievo all’ingresso dell’ospedale, un convegno scientifico e una tavola rotonda per dare voce a chi c’era, l’ha conosciuto, ha lavorato con lui, ma soprattutto gli deve la vita. Ieri, sabato, Castelfranco Veneto ha celebrato i 50 anni di vita del Centro per la cura dell’emofilia, voluto dal “rivoluzionario” prof. Agostino Traldi.
Un centro strutturato, di riferimento regionale e nazionale, che dal 1973 fece fare un salto di qualità alla cura di questa malattia, attirando pazienti da tutta Italia. Mentre nelle altre regioni agli emofilici erano riservate poche o nulle terapie, con una prospettiva di vita breve e dolorosa, a Castelfranco era applicato un metodo nuovo e rivoluzionario: l’infusione di fattore VIII, ricavato dal plasma umano.
L’emofilia, infatti, è una malattia di origine genetica dovuta ad un difetto della coagulazione del sangue che provoca emorragie esterne ed interne a causa della mancanza o il mal funzionamento di due proteine del fegato, il fattore VIII e il fattore IX.
Sotto la spinta di Traldi il Centro visse la rivoluzione nell’approccio alle donazioni di sangue e plasma
Il padre di questo metodo e fondatore del Centro era il prof. Agostino Traldi, medico trasfusionista modenese, fortemente voluto a Castelfranco Veneto dall’on. Domenico Sartor. Per avviare il Centro, il prof. Traldi pretese ed ottenne che il fattore VIII venisse ricavato solo ed esclusivamente dal plasma di donatori volontari, periodici, controllati e non retribuiti. Un metodo sposato subito dalle AVIS (associazioni di donatori volontari sangue e plasma) della Castellana e dall’Ospedale regionale di Castelfranco (oggi Ulss) che rinnovò l’allora Centro trasfusionale per renderlo il più efficiente possibile.
A ragione, perché utilizzare sangue periodico e controllato di donatori volontari e locali salvò migliaia di pazienti da infezioni e soprattutto, dall’Aids che negli anni ’80 decimò nel mondo tantissimi emoficili. A quei tempi, infatti, l’importazione di plasmaderivati non controllati ottenuti da donatori a pagamento era una prassi e fu la causa del dilagare di molte malattie.
Grazie a Traldi, a Castelfranco fu molto limitato e molti dei suoi giovanissimi pazienti sono oggi padri e nonni. Traldi non cedette mai a pressioni e lusinghe del ‘mercato del plasma’. A metà degli anni ’80, anzi, propose e avviò (con l’aiuto della sua equipe e l’intervento decisivo di Avis regionale Veneto) il conto/lavorazione del plasma Veneto, poi italiano. Conto lavorazione significa che il plasma dei donatori controllati è conferito alle industrie farmaceutiche che lo lavorano e ne ottengono medicinali plasmaderivati salvavita, restituendoli alle regioni conferenti. Questi medicinali prodotti dal plasma sono oggi indispensabili per la terapia anche di innumerevoli altre patologie e malattie rare. Il plasma donato e i suoi derivati non diventano mai “merce”, restando sempre proprietà del Servizio Sanitario pubblico a costi molto più sostenibili.
Questa esperienza positiva motivò la legge della Regione Veneto del 1987 (Piano Sangue e Plasma Regionale) che aveva come obiettivo il raggiungimento dell’autosufficienza regionale in sangue e plasmaderivati ottenuti da donatori volontari e periodici regolarmente associati all’Avis.
Il plasma Veneto, per convenzione con l’industria di trasformazione nazionale, doveva essere lavorato in ciclo separato ed i plasmaderivati ottenuti dovevano essere distribuiti agli ospedali della regione (Albumina, F. VIII, F. IX, Immunoglubuline i.v). Tutto nacque a Castelfranco Veneto ed oggi è prezioso patrimonio dell’Italia intera. Un sistema invidiato in tutto il mondo, una pagina di ottima sanità pubblica che da allora porta lustro a Castelfranco, al Veneto e all’Italia.
Oggi il Centro per la cura delle malattie del sangue, un tempo ospitato in un’ala esterna all’ospedale, si trova presso il reparto di medicina nel monoblocco, con responsabile il dott. Paolo Radossi. Prima di lui, a dirigere il Centro, sono stati il dott. Piergiorgio Davoli e il dott. Giuseppe Tagariello, tutti presenti oggi al 50°. Grazie al prof. Traldi e alle AVIS locali è stata avviata sul territorio locale anche la ricerca scientifica sulle malattie del sangue, e sull’emofilia in particolare, oggi rappresentata dall’Associazione APE-Avis per il progresso ematologico. Il prof. Traldi è morto a Lucca nel 2017, il 14 giugno, Giornata mondiale del donatore di sangue.
Sabato 23 settembre in occasione dei festeggiamenti del cinquantennale, gli sono stati dedicati una targa (davanti alla casetta dov’erano ospitati i pazienti) e un bassorilievo della Pontificia Fonderia di Campane Marinelli di Agnone (Isernia) all’ingresso dell’ospedale. I due artisti che hanno “ritratto” Traldi su bronzo sono Ettore Marinelli che ha scolpito il busto pre-fusione e l’artista castellana Luigina Mazzocca che, avendo conosciuto e ritratto direttamente il professore, l’ha guidato a distanza e ha studiato l’intera installazione.
Presenti il presidente della LAGEV Piero Valiante, il presidente di AVIS Castelfranco Veneto Bernardino Spaliviero, i presidenti delle Avis della Castellana, il presidente di Avis Provinciale Treviso Stefano Pontello, il vice presidente vicario di Avis nazionale Fausto Aguzzoni, di APE Stefania Specia, di FEDEMO Cristina Cassone, il direttore dell’Ulss 2 Francesco Benazzi, rappresentanti dello IOV. Presenti emofilici da tutta Italia, tra i quali il primo paziente del prof. Traldi, Paolo Malaguti, oggi 62enne.
La situazione attuale del Centro e le preoccupazioni per il futuro
Durante la doppia inaugurazione, il presidente della LAGEV Piero Valiante, ha espresso preoccupazione per il futuro del Centro: “Il futuro a cui guardiamo è anche quello del dopo dott.Paolo Radossi, rimasto l’unico medico che ci segue, giorno e notte se occorre, anche a distanza. Dopo di lui? La domanda la poniamo alle autorità politiche e sanitarie. Potrà essere affiancato, prima che il tempo scorra ulteriormente da altre figure professionali che si specializzino in Emofilia ed Emostasi e portino avanti ciò che finora abbiamo costruito tutti insieme?”
Pronta la risposta del dott. Francesco Benazzi, direttore Ulss 2: “Siamo a disposizione perché il Centro rimanga sempre a Castelfranco, patrimonio di tutti e perché si possa al più presto affiancare un giovane medico al dott. Radossi che oggi sta seguendo gli “ex ragazzi” di Traldi, oramai adulti. La nostra disponibilità c’è e ci impegneremo in questo senso. Già oggi, in questa occasione, lancio l’invito ai giovani, anche del secondo e terzo anno, a considerare questo tipo di percorso, che ha il valore aggiunto di abbinare la clinica alla ricerca”.
(Fonte foto: Avis-Lagev)
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