Mentre l’Alta Marca Trevigiana si è affezionata alla storia del piccolo Omar (vedi articolo), bambino autistico che rischia di non poter continuare a fare una terapia di cui ha bisogno, il padre, Erik Marcon, interviene dalla Tunisia per contestare alcune affermazioni fatte dall’ex moglie che ha chiesto un aiuto per il figlio alle istituzioni della Regione Veneto, al Comune di Godega di Sant’Urbano e all’Ulss 2 Marca Trevigiana.
Marcon in una lunga nota ha spiegato che l’ex moglie è arrivata in Italia nel settembre del 2016, a seguito della diagnosi, fatta nel maggio dello stesso anno dal centro “La Nostra Famiglia” di Conegliano, con la quale i medici avevano confermato lo “spettro/disturbo di autismo”.
“Ha un regolare permesso di soggiorno, con la residenza a Godega di Sant’Urbano dal 2016 – precisa il padre di Omar riferendosi all’ex moglie – Sicuramente per lei non è stato facile iniziare una nuova vita in Italia, anche se dimentica di dire che non è mai stata sola, perché al suo fianco ci sono sempre stati i miei genitori che l’hanno aiutata e si sono messi a totale disposizione dei propri nipoti, così come tutta la mia famiglia”.
Il padre di Omar ha spiegato di essere rimasto in Tunisia per motivi professionali e grazie al suo posto di lavoro può mantenere tutta la famiglia in modo dignitoso.
“Di recente non ha dato l’assenso al rinnovo del mio passaporto – continua Marcon – In tal modo, sino a che non è intervenuto il giudice con un proprio provvedimento, io mi sono ritrovato clandestino in terra straniera e, nello stesso tempo, impossibilitato a rientrare in Italia e vedere i miei figli, e anche per gli impegni lavorativi che l’attuale situazione sanitaria ha reso ancor più gravosi e non mi consentono di lasciare la Tunisia”.
“Omar da quando è in Italia gode di una pensione erogata dall’Inps, che io chiedo e pretendo non venga da lei utilizzata, perché servirà per il futuro di nostro figlio – aggiunge il padre del bambino – Ma lei non è d’accordo e ‘La Nostra Famiglia’ ha solo consigliato di aggiungere per nostro figlio, alle ‘terapie’ didattiche, anche un’attività fisica, seguendo corsi in piscina che, iniziati, si sono interrotti a causa delle restrizioni dovute alla pandemia”.
“Ad oggi non mi risulta che tale attività sia stata ripresa e non mi è stato comunicato nulla a tal proposito – precisa -. E non è vero che mi sono rifiutato di venire in Italia per sottoscrivere i documenti necessari per consentire a mio figlio di praticare il nuoto. Posso solo dire che tutti i documenti necessari sono sempre stati da me sottoscritti, scannerizzati ed inviati in formato pdf, al centro di terapia in acqua”.
L’uomo parla di una campagna “denigratoria” portata avanti nel tempo dall’ex moglie anche se la vera priorità resta la salute del piccolo Omar, che merita di poter tornare in piscina a fare quello che gli piace e che gli fa bene, sperando che possa soffrire il meno possibile a causa delle incomprensioni dei genitori.
(Foto: Archivio Qdpnews.it).
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