“Combattere in montagna tra tecnologia e cultura”: questa sera al MeVe un approfondimento sul fronte italo-austriaco della Grande Guerra

Uno delle più inossidabili mistificazioni a proposito del primo Conflitto mondiale è rappresentata dal racconto della guerra in montagna sul fronte italo-austriaco.

Per un secolo, questo teatro militarmente minore è stato narrato (e non di rado celebrato) come una parentesi del tutto estranea al conflitto di massa, industriale e inglorioso, del fronte occidentale e dell’Isonzo: una sorta di duello epico tra piccole falangi di guerrieri coraggiosi, impegnati ad affrontarsi tra le nevi eterne e le pareti a picco sotto un cielo splendente.

Una sorta di settimana bianca protratta per anni, secondo una narrazione ancora molto tipica di certa storiografia (soprattutto anglofona). Ma si tratta di una verità molto parziale.

È vero che la guerra in montagna non fu, o fu solo saltuariamente, occasione di scontri su vasta scala tra fanterie votate al massacro. Ed è vero che, tra 1915 e 1918, i combattenti che si affrontarono sulla montagna ebbero più da fare nel confronto con l’ambiente prima che con il proprio nemico umano.

Ma, al di là delle costruzioni narrative delle riviste illustrate, della fotografia di propaganda e del cinema, la guerra in montagna fu anche, e per certi versi soprattutto, un conflitto ad altissimo tasso tecnologico, reso possibile dai migliori ritrovati della tecnica e dell’ingegneria dell’epoca.

Se ne parlerà oggi mercoledì alle ore 20.30 al MeVe, Memoriale Veneto della Grande Guerra, con la conferenza di Marco Mondini dell’Università degli Studi di Padova dal titolo “Una guerra differente. Combattere in montagna tra tecnologia e cultura”.

Ingresso gratuito, è gradita la prenotazione. Per info e prenotazioni: info@memorialegrandeguerra.it | 0423-617539 (MeVe), -617479 (Museo).

(Foto: archivio Qdpnews.it).
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