L’“Anguriaro” di Montebelluna e quella semplicità un po’ kitsch che vince il pregiudizio

Paolo, l“Anguriaro” di Montebelluna

Vivendo noi in un mondo nel quale giudicare e commentare gli altri è diventato uno sport nazionale, sedersi al tavolo di un locale bizzarro in una zona periferica di Montebelluna, ordinare una fetta di anguria e mangiarla (o berla) senza pretese con gli amici risulta davvero rilassante. Perché in quel contesto un po’ kitsch, con chincaglierie e bandiere di ogni tipo appese sulle reti che dividono i tavoli dalla strada trafficata, ci si sente in qualche modo liberi. E non ci si sente giudicati, mai, neanche chiacchierando con Paolo “Mojito”, il titolare di quest’attività, che in qualche anno è diventata leggendaria a Montebelluna.

Proprio per questa filosofia del “vivi e lascia vivere”, a Paolo, montebellunese ma nato in Cadore, non piace molto parlare di sé e per intervistarlo dobbiamo insistere, tornando a trovarlo quando ormai la stagione è già praticamente finita. Il locale, che più precisamente si trova in Piazza Dammarie-les-Lys, è aperto soltanto tre mesi all’anno. Durante il periodo natalizio invece, Paolo e la sua collaboratrice, Costanza, si dedicano a vendere brûlé in piazza. Anche se quest’anno non ci sono più le palme, il bar si presenta come un chiringuito, quasi come se, al posto della strada provinciale che passa lì vicino, le onde lente del mare potessero arrivare a bagnare i piedi ai clienti.

Da Paolo Mojito, le specialità – non c’è dubbio – sono le angurie e tutte quelle creazioni che ne derivano: i cocomeri, stivati in un’ampia cassa vicino ai tavoli, provengono da Mantova. Paolo definisce questa tipologia come la migliore e la propone sia in forma tradizionale, quindi con una bella fettona da mangiare da soli o condividere durante l’aperitivo, sia inseriti a pezzi oppure frullati in cocktail alcolici e analcolici adatti all’aperitivo o al dopo pasto. Forse proprio per questa alternativa al classico spritz – che comunque va a ruba anche qui – la proposta è stata apprezzata non solo da chi cerca un ambiente più “easy” dei rinomati lounge bar da aperitivo, ma anche da chi effettivamente vuole provare qualcosa di esclusivo.

L’idea nacque una decina di anni fa: le prime esperienze non andarono bene a causa della pioggia, troppo frequente per un locale che lavora con gran parte dei tavoli all’aperto. Poi, con l’introduzione di alcune novità, il locale iniziò a lavorare bene. In un primo momento, Paolo ottenne una concessione speciale, poi dovette partecipare a un bando, il cui rinnovo varrà anche per il 2024.

Cosa piace alla gente di questa formula?

Ma sai, non c’è niente di particolarmente originale qui. L’anguria funziona da sola, lo stare all’aperto anche. È chiaro che bisogna essere un po’ simpatici e saperci fare, non è facile gestire un bar, ma io dico che la gente è sia semplice che difficile allo stesso tempo: se sente un po’ di musica e vede un posto particolare dove può starsene tranquilla, ci entra. Non dev’essere per forza il Cipriani. E poi il kitsch piace.

E quest’apertura verso i clienti, questa tolleranza, vi ha mai dato problemi?

Sinceramente no. Abbiamo un’ampia gamma di persone qui. È un locale che viene frequentato da famiglie, da ragazzi, da coppie e da gruppi di amici e amiche. Anche stranieri, spesso. Io sono esposto, vicino alla strada. Nessuno di loro mi ha mai dato problemi. Anzi, se devo essere sincero, quei due episodi spiacevoli che sono successi, magari di notte, sono stati causati da italiani. 


Quest’anno come hai visto i montebellunesi?

Ti dico la verità: io non sono uno psicologo: non riesco a capire se la gente è infelice oppure è felice. Qui in genere sono tutti rilassati, perché è questo lo scopo di questo posto. Poi devo dire che, parlando di persona con la gente, mi pare che qualche disagio esista e che rispecchi un po’ la situazione che stiamo passando in questi anni. Ti ripeto, però, che qui il nostro lavoro è quello di farli sentire a loro agio. Ai problemi ci pensano dopo.

(Foto: Qdpnews.it ©️ riproduzione riservata).
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