Da dicembre a oggi ben tre gravi aggressioni a operatori sanitari del pronto soccorso di Montebelluna, una preoccupante escalation di violenza che fa da contraltare alle osannate celebrazioni degli eroi del Covid, che poi sono sempre le stesse persone.
Una situazione che non può passare sotto traccia: un’autista è ormai a casa da cinque mesi in seguito a una grave complicazione sopravvenuta proprio a seguito di uno di questi episodi.
L’ultimo, in ordine di tempo, nei confronti di un autista andato a soccorrere una donna di 30 anni a Pederobba, in evidente stato di alterazione dovuta ad abuso di alcol. Si trovava accanto alla barella in aiuto al personale medico quando improvvisamente è stato raggiunto da un violentissimo calcio sferrato all’altezza dello zigomo e a pochi centimetri dall’occhio.
All’autista, che era rientrato da pochi giorni in servizio dopo aver contratto il Covid, è stata riconosciuta una prognosi di 42 giorni per “trauma contusivo facciale e trauma distorsivo cervicale. Ne è seguita ovviamente una denuncia che è ancora in fase istruttoria.
Ma la violenza si è manifestata anche in forma non fisica, attraverso insulti o addirittura, come accaduto a un’infermiera, ritrovandosi di fronte una persona armata.
La solidarietà e l’affetto nei confronti degli ospedalieri è totalmente prevalente da parte dei cittadini, ma certamente non bisogna abbassare la guardia rispetto alla sicurezza di quei lavoratori che spesso rischiano la loro salute o la loro vita per salvare quella di tutti.
Il 24 settembre scorso è entrato in vigore il Ddl sulla violenza contro gli operatori sanitari che prevede un inasprimento delle pene, con reclusione fino a 16 anni e sanzioni fino a 5mila euro, oltre a protocolli operativi con le forze di polizia per garantire interventi tempestivi.
Il medesimo istituisce anche l’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie presso il ministero della Salute.
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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