Si stima che fra il 1870 e la seconda metà del Novecento almeno 80 milioni di italiani emigrarono all’estero in cerca di nuove opportunità. Fra questi anche decine di migliaia di trevisani che lasciata la loro terra contribuirono con il sudore in modo incisivo allo sviluppo economico, demografico ma anche culturale dei paesi di destinazione.
Apre uno spiraglio sulle loro storie di vita, spesso segnate da fatiche e sacrifici, la mostra inaugurata stamani, venerdì, al MeVe – Memoriale Veneto della Grande Guerra di Montebelluna allestita dalla sezione montebellunese dei Trevisani nel mondo, presieduta da Giovanni Gasparetto, con il patrocinio del Comune.
È proprio Gasparetto il bimbo della foto in bianco e nero scelta come locandina della mostra. “Nella foto ci siamo io e mia sorella, che purtroppo oggi non c’è più – ha raccontato – Venne scattata alla vigilia della nostra partenza per il sud della Francia dove i miei genitori lavorarono per dieci anni come contadini”.
“Memorie d’emigrazione” è il titolo dell’esposizione, visitabile fino al 9 marzo, che raccoglie un centinaio di fotografie storiche selezionate dall’archivio dell’associazione fra oltre 7000 immagini d’epoca, ma anche delle tavole a fumetti realizzate sul tema da artisti veneti. La mostra, aperta a tutti, si rivolge in particolare ai giovani con la possibilità per tutta la durata dell’esposizione di organizzare visite e laboratori ad hoc per le scolaresche.
“Il bello di questa mostra è il suo non essere autoreferenziale – ha commentato stamani il sindaco di Montebelluna Adalberto Bordin – Questo per dire che non serve solo come ricordo per gli emigranti stessi, ma si rivolge a tutti, diventando un’occasione per condividere con le nuove generazioni pezzi di vita e di memoria dei tanti trevisani che lasciarono la loro terra nei secoli scorsi. Molti di noi, io compreso, nelle proprie storie familiari contano almeno un parente emigrato le cui vicende spesso sono segnate da esperienze dure, e di privazioni. Allora si partiva con nulla in mano, verso paesi sconosciuti dove si costruivano vite nuove da zero”.
“Ringrazio l’associazione Trevisani nel mondo per l’iniziativa pensata e allestita per passare il testimone della memoria dalla vecchia alla nuova generazione in modo coinvolgente e divertente per i giovani, nella speranza che dalla visita si portino a casa molti spunti di riflessione ma anche la voglia di approfondire ulteriormente questa pagina della nostra storia” ha concluso Bordin.
“Vi ringraziamo per i numerosi eventi che state organizzando e per farvi portatori di testimonianze che possono essere di grande incoraggiamento per i giovani – ha sottolineato a sua volta l’assessore alla Cultura del Comune di Montebelluna Maria Bortoletto rivolgendosi ai rappresentanti dell’associazione Trevisani nel mondo – Gli emigranti trevigiani, così come altri 80 milioni di italiani, partirono per terre lontane senza alcuna certezza sul proprio futuro. Questa mostra è un’occasione preziosa per scavare nelle vite di quei cittadini tanto coraggiosi, impavidi e creativi”.
“Questa mostra è dedicata principalmente alle scuole – ha rimarcato il presidente dell’associazione Franco Conte – un mondo che ci sta particolarmente a cuore perché nelle scuole l’emigrazione italiana non viene studiata, nonostante copra un periodo durato oltre un secolo e che riteniamo non debba essere dimenticata. Dell’emigrazione dei nostri avi beneficiarono non solo i territori di destinazione, ma anche l’Italia stessa, che nel periodo di depressione fra le due guerre poté contare sulle rimesse di denaro dall’estero”.
Le foto in esposizione al piano terra del Museo, circa un centinaio, sono state selezionate fra le migliaia di immagini d’epoca raccolte dall’associazione e suddivise in tre macrocategorie: “lavoro”, “tempo libero” e “tradizioni”.
Come sottolineato dal presidente Conte la mostra è di particolare attualità considerato che il 2024 è stato eletto come l’anno del turismo delle radici alla luce di un crescente interesse da parte dei discendenti di emigranti italiani nel voler conoscere il territorio d’origine dei loro antenati.
“In Brasile in particolare vediamo il fiorire di nuove sezioni dei Trevisani nel mondo da parte dei discendenti dei primi migranti dal nostro territorio che oggi hanno voglia di riscoprire le radici dei loro avi” ha concluso Conte.
Solo in Brasile non stupisce la presenza di città che hanno preso il nome di Nova Treviso, Nova Padua, Nova Bassano o Nova Venezia, per citarne alcune, che contano fino all’80% di popolazione con origini italiane. Anche i nomi delle piazze la dicono lunga sulle radici degli abitanti: in Brasile vi è una città con una piazza Brusaporco, antico nome della frazione di Castelminio a Resana.
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