Il vescovo Tomasi alla messa solenne per l’Epifania in cattedrale con le comunità dei migranti e i Trevisani nel mondo: “Sì alla cultura dell’incontro e del dialogo”

“E’ bello vedere in tempi ingrigiti dalla fatica, il colore, la bellezza e il calore che ci doniamo gli uni gli altri trovandoci insieme nel giorno in cui celebriamo la solenne manifestazione del Signore a tutte le genti. Lui, fondamento della nostra vita e della nostra pace, ci dà il coraggio e la forza per metterci insieme in cammino”: è con queste parole che il vescovo di Treviso, Michele Tomasi, ha salutato questa mattina, in cattedrale, i presenti alla messa solenne dell’Epifania, animata dalle comunità cattoliche dei fedeli migranti.

Insieme ai rappresentanti delle comunità straniere c’era anche l’associazione “Trevisani nel mondo”. Il presule ha ringraziato tutti della loro presenza, in particolare il prefetto Maria Rosaria Laganà e il sindaco Mario Conte per la loro testimonianza di vicinanza personale e delle istituzioni che rappresentano, “insieme in cammino, per il bene di tutti”.

A concelebrare molti sacerdoti, tra i quali il vicario generale monsignor Giuliano Brugnotto, e il direttore dell’ufficio diocesano per la Pastorale delle migrazioni don Bruno Baratto, insieme ai sacerdoti stranieri che accompagnano le comunità di cattolici migranti.

Una celebrazione ricca di tanti volti e di tante voci e lingue diverse, quelle nelle quali sono state proclamate le letture e le preghiere, dal romeno all’indiano, alla lingua hibu (Nigeria), dallo spagnolo all’inglese, al francese, al filippino, e poi i canti, animati dai cori della cattedrale, della comunità ucraina e di quella brasiliana.

Nell’omelia, monsignor Tomasi ha messo in luce la libertà e la sapienza dei Magi nella loro ricerca del re che è nato, in adorazione “davanti a un bambino e alla sua mamma, in un contesto semplice e povero, certi che i segni, la sapienza e la rivelazione li avevano mandati al luogo giusto, anche se il contesto era ben poco regale”. Come i Magi sanno mettere tutto in gioco “per fare spazio a qualcosa che li supera e che dà senso alla loro vita”, così anche noi “siamo qui, come ogni volta che celebriamo l’Eucaristia, per prostrarci davanti al Signore, per mettere la nostra vita nelle sue mani: siamo consapevoli che questo è l’atto supremo di libertà e di umanità, che ci restituisce in pienezza alla nostra vita, al nostro vero viaggio verso casa?”.

I Magi sanno lasciarsi interpellare dal mistero della vita e sanno ascoltarne la voce e leggere i segni, ha sottolineato il vescovo, “e noi siamo ancora capaci di scorgere la presenza di segni nella nostra vita? Situazioni che ci fanno chiedere se siamo sulla strada giusta?”.

Anche la faticosa interdipendenza che abbiamo scoperto nella pandemia, ha ricordato monsignor Tomasi, “apre soltanto un ovvio percorso verso la paura e la chiusura, o non è invece il segno che ci dice di cercare ancora e di incamminarci, per vivere la fraternità vera e con tutti? Sappiamo accogliere e comprendere il segno potente e debole del Pane spezzato e del Vino versato, Corpo e Sangue del Cristo, Figlio di Dio, e sappiamo vederne il segno – che è sacramento – nel volto del povero, nel linguaggio sconosciuto e nella cultura differente e ricca di chi viene a cercare possibilità di vita nel nostro mondo sazio e spaesato?”.

Ecco, allora, l’invito del vescovo a generare una cultura dell’incontro e del dialogo che valorizzano le ricchezze reciproche. Sul modello della sapienza dei Magi, “siamo capaci noi oggi, di generare una cultura sapiente che sappia cogliere le potenzialità di bene dell’incontro tra le culture, del dialogo fraterno, dell’arricchimento che proviene dalla saggezza dei popoli e delle genti? Ci vogliamo davvero omologare al seguito di qualche parola d’ordine e chiudere in qualche piccolo, limitato recinto o non siamo invece disposti ad ascoltare, conoscere e valorizzare la ricchezza di cui sono portatori i popoli e le genti del mondo, che nella loro multiforme ricchezza son riflesso dell’inesauribile bellezza di Dio?”.

E come i Magi seguono la Parola della rivelazione, contenuta nelle Sacre Scritture, così anche noi “abbiamo bisogno di lasciarci illuminare dalla sapienza scandalosa del Vangelo, che ci chiama a ribaltare tutte le nostre false sicurezze – ha sottolineato il vescovo -. Che ci insegna fiducia laddove potremmo essere bloccati e intimoriti, dialogo dove l’imposizione delle nostre idee sembrerebbe via sicura ed efficace, ascolto umile e rispettoso, quando ci sembrerebbe invece di avere molto da insegnare. La Parola di Dio ci insegna ad amare, sempre, comunque, a tutti i costi, a prezzo della vita. E noi siamo qui perché vogliamo lasciarci convertire e trasformare da questa Parola, che diventa Pane e Vino, che diventa Chiesa, che diventa vita. Questo è il mistero che siamo venuti ad adorare. Rinnovati e guidati dal sogno di Dio faremo ritorno, come i Magi, alle nostre vite, al nostro paese che non è null’altro che la fraternità, quotidiana e vera”.

(Foto: Diocesi di Treviso).
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