Filippo Miatto, il fisico vittoriese giramondo arriva su “Nature” con il computer quantistico più potente che ci sia

C’è anche un po’ di Vittorio Veneto in quanto realizzato dall’azienda canadese Xanadu, un potentissimo computer quantistico soprannominato Borealis e di cui si è occupata la prestigiosa rivista scientifica Nature. Al lavoro, svolto da un’équipe, ha partecipato Filippo Miatto (in foto con la moglie Electra e il cane Rhea), figlio del sindaco Antonio, che Qdpnews.it intervistò un anno e mezzo fa (qui l’articolo) e che sta vivendo un altro momento importante del suo percorso professionale, svolto interamente all’estero.

Filippo Miatto, lei è ancora molto giovane ma la sua carriera è già ricca di tappe, da Padova a Toronto: ci racconta il suo percorso professionale?

“Ho studiato fisica teorica a Padova, poi ho passato l’ultimo anno di specialistica in Olanda e da quell’esperienza l’estero mi è sempre sembrato inevitabile perché ci sono molte più opportunità rispetto a cercare esclusivamente in Italia. Poi ho continuato con un dottorato in ottica quantistica a Glasgow, seguito da due postdoc (posizioni di ricerca a tempo determinato) in Canada: la prima a Ottawa con Robert Boyd (uno dei fondatori dell’ottica non-lineare) e la seconda all’Institute for Quantum Computing. Poi è successo un po’ l’inaspettato: ho ottenuto un posto di professore associato a Parigi, dove ho fatto ricerca e insegnato per 3 anni. Ma non ero felice: mi sentivo isolato dalla comunità di ricerca a cui volevo appartenere e seguivo con molto interesse i risultati delle varie aziende che sviluppano computer quantistici, in particolare i progressi impressionanti di Xanadu, dove stanno sviluppando un computer quantistico basato sugli stati quantistici della luce, che è esattamente quello in cui sono un esperto. Ed è così che all’inizio del 2020 (in piena fase iniziale della pandemia) io e la mia famiglia ci siamo trasferiti a Toronto e ho iniziato questo nuovo capitolo della mia carriera a Xanadu”.

La prestigiosa rivista scientifica internazionale “Nature” ha pubblicato recentemente un articolo su Borealis, un progetto dell’azienda canadese Xanadu per la quale lei attualmente lavora. Di cosa si tratta, qual è il suo aspetto più innovativo e qual è stato il suo ruolo in questo lavoro d’équipe?

“Borealis è al momento il computer quantistico programmabile più potente del mondo, ed ` uno dei tre ad avere raggiunto il livello di “quantum computational advantage”, ovvero è più potente di qualunque computer tradizionale, non importa quanto grosso e costoso: certi problemi hanno una complessità che cresce esponenzialmente se affrontati usando computer tradizionali, ma non se si usa un computer quantistico. A Xanadu abbiamo l’obiettivo di sviluppare computer quantistici utili e disponibili a tutti, è per questo che l’abbiamo messo in cloud a disposizione di chiunque sia interessato, gratuitamente. Tutti questi aspetti fanno di Borealis un sistema veramente unico e innovativo. Il team che ha lavorato su Borealis ha fatto il 99,99% del lavoro, io ho semplicemente aiutato a dimostrare che ha raggiunto il quantum computational advantage. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza avere colleghi assolutamente brillanti e un ottimo hardware che sviluppiamo all’interno dell’azienda”.

La completa tecnologia del calcolo quantistico è sempre più vicina? Quali vantaggi potrebbe portare alla scienza e all’umanità questo passaggio?

“C’è ancora molto lavoro da fare per raggiungere l’obiettivo finale: un computer quantistico che può implementare qualsiasi algoritmo. Ci sono sfide tecniche e teoriche da risolvere, specialmente nell’àmbito della correzione degli errori, che al momento si accumulano e limitano il numero di step che è permesso di fare prima che lo stato quantistico collassi. Si sa già che con un computer quantistico universale si possono risolvere un sacco di problemi pressanti nell’àmbito del cambiamento climatico (per esempio comprendere la fotosintesi artificiale per sviluppare materiali che traggono energia dalla luce che li circonda), della medicina (ad esempio sviluppare farmaci personalizzati e nuove cure), della chimica (come trovare metodi meno costosi e meno inquinanti per produrre le sostanze necessarie alle varie industrie). Di certo ci sono applicazioni che al giorno d’oggi neanche ci sogniamo, un po’ come a metà del secolo scorso quando i computer tradizionali venivano assemblati per la prima volta e nessuno avrebbe immaginato quanto avrebbero influenzato il mondo nei decenni a venire. Ed è anche un po’ per questo che mi attrae questo tipo di ricerca: noi in fin dei conti sviluppiamo uno strumento, il vero vantaggio lo trarrà chi in futuro lo applicherà a problemi che al giorno d’oggi sembrano insormontabili, alcuni dei quali non sappiamo ancora di avere”.

(Ha collaborato Monica Ghizzo. Foto: per gentile concessione di Filippo Miatto).
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