È sotto gli occhi di tutti l’innalzamento globale dei mari. Luoghi e modi di vivere a cui l’uomo si era abituato stanno inevitabilmente per trasformarsi. A cosa porteranno i cambiamenti climatici che stiamo vivendo? Ci sono delle azioni concrete che si possono fare a riguardo? Siamo ormai giunti ad un punto di non ritorno?
L’oceanografo vittoriese Sandro Carniel, con il suo libro “Il mare che sale. Adattarsi a un futuro sott’acqua” ha cercato di rispondere a tutte queste domande con un’analisi lucida e originale, con uno scopo ben preciso: far riflettere e richiamare all’azione.
Venerdì scorso, nella Biblioteca civica di Ceneda, è stato presentato il libro e, in una sala gremita, Carniel ha dato una risposta approfondita alla situazione attuale. Dirigente di ricerca del Consiglio Nazionale delle Ricerche e direttore della divisione ricerca del Cmre (Centre for Maritime Research and Experimentation), l’unico centro per la ricerca e la sperimentazione marittima della Nato, Carniel ha illustrato il suo testo breve in cui affronta la complessità dell’innalzamento dei mari dovuto al cambiamento climatico: dall’aumento del livello delle acque alle Hawaii, nelle isole della Malesia, arrivando fino a Venezia.
“Gli oceani coprono il 71% della superficie della terra – ha spiegato Carniel – e l’acqua nel pianeta è costante sia negli oceani che nei ghiacci. Quando il pianeta tende a scaldarsi, i ghiacci si smagriscono, l’acqua fonde e va ad aumentare i livelli degli oceani. Quando il pianeta va incontro a delle fasi fredde, il ghiaccio tende ad accumularsi e il livello del mare diminuisce. La dilatazione termica porta alla fusione dei ghiacci. Il mare si alza metà per la dilatazione termica e metà per l’acqua che arriva dai ghiacci. In Groenlandia perdiamo 300 giga tonnellate di chili l’anno di ghiaccio che si fondano e vanno nell’oceano. Se perdessimo tutti i ghiacciai della Groenlandia, guadagneremo 7 metri in più di mare e dell’Antartide, più di 60 metri”.
“In questo momento – continua – stiamo facendo delle ipotesi per il futuro dato che ‘gli ingredienti’ variano. Entro il 2100, con i dati di oggi, gli scenari variano dai più 90 centimetri ai 150 centimetri. Secondo i nostri studi, avere un metro in più è un’ipotesi concreta e realistica. Entro il 2050, i nostri 50 centimetri in più li avremo”.
“Mentre cerchiamo di risolvere il vero problema – prosegue Carniel -, diminuendo il gas serra, dobbiamo adattarci. La miglior tecnica di adattamento è quella che si basa sull’ecosistema. Se recuperi la naturalità della struttura, valorizzi alcuni aspetti di vegetazione che potrebbero dar fastidio agli uomini ma sono molto utili, ci si riesce a proteggere. Visto che lo sappiamo, dobbiamo ragionare e mettere in atto tutto questo prima, non aspettare l’ultimo minuto”.
“Piantare decine di miliardi di alberi per i prossimi anni non è la soluzione al problema – conclude -. Dovremo affrontare tanti passaggi in tante modalità diverse per guadagnare un po’ di tempo. La soluzione definitiva sarà un misto di soluzioni: un po’ di adattamento, un po’ di mitigazione sempre con un occhio alle nuove tecnologie. Non possiamo però stare seduti ad aspettare la tecnologia che ci salverà: servono le azioni di vita quotidiana, un cambio di alimentazione, la consapevolezza che alcuni stili di vita fanno peggio di altri. Serve tutto questo e tanta educazione, conoscenza”.
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