Celebrare il 25 Aprile, Festa della Liberazione dal Nazifascismo, è spesso una solennità che tende a non essere vissuta con il dovere di memoria che merita.
Così non è mai stato per Mariano Lio, nipote di Giulio “Croda” e uno dei quattro residenti a Stramare di Segusino: Mariano ogni 25 aprile appende alla terrazza un baccalà accanto al Tricolore.
Una tradizione familiare che ha un significato molto profondo: una tradizione di casa Lio, noti in paese come i “Croda”, che è iniziata l’8 settembre 1943, giorno in cui il maresciallo Pietro Badoglio annunciò agli Italiani la resa incondizionata del nostro Paese agli anglo-americani.
Che storia nasconde questo vecchio baccalà? Giulio Lio, classe 1883, era stato socialista e convinto antifascista durante il Ventennio mussoliniano. Aveva dieci figli e le sue ferme convinzioni politiche erano un enorme problema durante il fascismo, ma non le rinnegò mai anche quando era molto comodo “metterle da parte”. Un antifascista corretto, rispettato in paese e non violento.
“Ha tribulato molto mio nonno in pieno fascismo e insieme a lui la moglie e i dieci figli, tra cui mio padre Giusto – racconta Mariano Lio -, per queste posizioni era preso di mira dai fascisti nonostante, per esempio, fosse amico della segretaria del Fascio comunale, ed una delle 7-8 persone che partecipò al suo solenne funerale (con presenti molte autorità fasciste provinciali, ndr) dopo che fu uccisa in piazza dai partigiani”.
“Un lunedì mio nonno – spiega Mariano -, che gestiva un’osteria a Segusino, andò al mercato di Valdobbiadene in bicicletta per comprare un baccalà. Lo aveva legato alla bici e sulla via del ritorno, giunto alla Riva di San Giovanni a San Vito, incontrò dei fascisti che lo picchiarono usando anche il famoso baccalà che io appendo ogni 25 aprile sulla terrazza di casa“.
“I fascisti nei mesi seguenti continuarono a canzonare mio nonno con insistenza dicendogli “Ti daremo ancora il baccalà”, mio nonno era molto arrabbiato, evitò di reagire ma decise di fargliela pagare appena possibile – prosegue Mariano -. L’8 settembre 1943 cadde il Fascismo e mio nonno tirò fuori il baccalà ormai secco con cui era stato picchiato e, con ironia provocatoria, lo appese alla finestra dell’osteria canzonando a modo suo i fascisti“.
“Da quel giorno la tradizione è proseguita il 25 aprile di ogni anno, così avevano fatto mio nonno e mio padre Giusto, così faccio io per fare memoria – conclude Mariano Lio -. Ho piacere che i giovani sappiano cosa significano realmente le parole libertà e democrazia, parole difficili su cui riflettere con la guerra in Ucraina in corso. Il mio non è un gesto pro o contro partigiani o fascisti, è un modo per ricordare l’integrità morale di mio nonno e di tanti che come lui avevano degli ideali importanti e non avevano paura di esporsi a loro rischio e pericolo con serietà, convinzione e onestà”.
(Foto: per gentile concessione di Mariano Lio).
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