Si è mossa anche la Direzione distrettuale antimafia di Firenze per far luce sul disastro del traghetto Moby Prince, bruciato con 140 persone all’interno la notte del 10 aprile 1991. Tra di loro c’era anche una comitiva trevigiana e bellunese diretta ad una festa di matrimonio in Sardegna: Ernesto Saccaro, 50 anni di Arsiè, la moglie Antonietta Dal Tezzon, 47 anni di Volpago, il figlio Ivan, la nonna Maria Marcon, 85 anni. Con loro c’erano anche altre due coppie di sposi, Gino Guizzo e Giuseppina Martignago, di 52 e 46 anni, anch’essi volpaghesi, Angelo Fusinato e Giovanna Padovan di Arsiè, Pasquale Dal Zotto, 32enne di Montebelluna e un altro amico di Bolzano.
La Dda vuole verificare se a prua del battello ci fosse qualche tipo di esplosivo e quali conseguenze possa aver avuto sullo sviluppo dell’incendio. Già nel 1992 un rapporto della Polizia Scientifica parlava di della presenza di cinque composti esplosivi ad uso civile ed altri due tipici degli esplosivi usati in ambito militare e in plastici da demolizione (Semtex).
Per fare chiarezza è stato affidato un incarico tecnico a Danilo Coppe, esperto geominerario originario di Segusino, che avrà 90 giorni di tempo per consegnare i risultati delle sua analisi. Coppe avrà a disposizione solo i campioni dei materiali che sono custoditi a Livorno, dove avvenne la tragedia, dato che la Moby Prince è stata smantellata in Turchia nel 1998.
L’esperienza e le competenze di Coppe lo hanno portato a dirigere i lavori di demolizione di quel che restava del Ponte Morandi di Genova e a fare da consulente nell’ultimo processo di appello sulla strage della stazione di Bologna.
Dopo più di trent’anni, per cercare e scrivere la verità processuale sul Moby Prince ci sono ancora inchieste aperte. La Dda è alla ricerca di qualche coinvolgimento nella vicenda della criminalità organizzata, la Procura di Livorno sta indagando a raggio più ampio e una nuova Commissione di inchiesta parlamentare, istituita a giugno e presieduta da Andrea Romano, deve verificare i contenuti di alcune registrazioni radio, finora rimaste ignote per la mancanza di un apposito apparecchio in grado di riprodurre i nastri in uso all’epoca.
La dinamica dello scontro tra il Moby Prince e la petroliera Agip Abruzzo, i ritardi nei soccorsi, la presenza e i movimenti di altre imbarcazioni sono ancora questioni senza risposta, che i familiari continuano ad attendere e sperare di avere dal lavoro dei parlamentari, nella speranza che non ci sia lo scioglimento delle Camere prima del marzo 2023, data di fine legislatura.
“Noi familiari – scrivono le associazioni delle vittime -, che da quella maledetta notte del 10 aprile 1991 lottiamo tutti giorni per la verità e la giustizia sul Moby Prince, plaudiamo con forza a questa nuova iniziativa politica. Ci rendiamo benissimo conto che il percorso sarà difficile, lo abbiamo sperimentato sulla nostra pelle, ma abbiamo finalmente una reale speranza che si arrivi alla fine. Una speranza che dedichiamo ai nostri cari morti in un modo orrendo, ai familiari che nel frattempo sono scomparsi”.
Una prima rassicurazione è arriva dal Presidente del Consiglio Mario Draghi, ascoltato in audizione poche settimane fa proprio dalla Commissione. “Non risultano atti o documenti relativi al disastro della nave Moby Prince soggetti a classifiche di segretezza. Non risulta siano stati apposti limiti all’accesso della documentazione in possesso del Comando generale o della Capitaneria a seguito delle richieste dell’autorità giudiziaria e delle Commissioni parlamentari”.
(Foto: mobyprince.it).
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