“Di lei colpiva l’estrema semplicità: era una donna umile nel modo di relazionarsi, con grande capacità di ascolto e il desiderio di non apparire. Aveva un senso di maternità nei confronti del popolo mozambicano, e la volontà di raccontare ciò che stava accadendo”.
È stata ricordata così domenica nell’aula civica del Museo della Battaglia di Vittorio Veneto suor Maria De Coppi, la missionaria diocesana 83enne uccisa in Mozambico – dove operava da quasi sessant’anni – durante un attentato il 6 settembre 2022.
Il Festival Biblico, la “tre giorni” di eventi sul tema dell’ “agape” che si è conclusa l’altro ieri a Vittorio Veneto, ha reso così omaggio alla religiosa comboniana dedicandole l’incontro “Una vita donata per amore. Suor Maria De Coppi e il “suo” Mozambico”. Nell’occasione hanno dialogato attorno ai temi della “geografia delle fedi” Mariagrazia Salmaso, direttrice dell’Ufficio missionario diocesano, e Pier Maria Mazzola, giornalista, coordinati da Francesco Polo, in collaborazione con il Centro Culturale Humanitas di Conegliano. Ha mandato un video messaggio Nello Scavo, inviato di guerra di Avvenire, impossibilitato a partecipare per impegni lavorativi urgenti.
In apertura, il vescovo di Vittorio Veneto monsignor Corrado Pizziolo ha ripreso le ultime parole di suor De Coppi ai familiari poche ore prima dell’attentato (“Qui scappano tutti, ma io resto ancora”), evidenziando “la sua fedeltà fino all’ultimo istante come testimone di vita donata per amore, per Gesù e il Vangelo”. Presenti anche alcuni esponenti della famiglia di suor Maria e una rappresentanza della comunità di Mareno di Piave, nella cui frazione di Ramera è stato a lei intitolato un vicolo.
Salmaso, riproponendo al pubblico una parte dell’intervista a suor De Coppi registrata nel 2021, ne ha ricordato la “profonda determinazione a voler aiutare il popolo, tratto che ha caratterizzato tutte le opere della sua vita”: “In lei c’era una grande fede, data dalla percezione della presenza e della protezione del Signore. Aveva una speciale umanità, che si esprimeva nel dono di non sentirsi protagonista degli eventi, ma strumento nelle mani di Dio attraverso l’impegno concreto vicino alle persone”.
“Parlava dell’estrema povertà del Mozambico – ha osservato Salmaso – ma questo non ha mai fermato il desiderio di sentirsi parte di quel popolo, vivendo, lavorando, soffrendo e facendo festa con loro. Missione voleva dire per lei accogliere le persone e accompagnarle nella loro condizione di fatica”.
Mazzola ha ripercorso con puntualità e dovizia di date ed eventi le lunghe e complesse vicende politiche del Mozambico, già colonia portoghese, anche in relazione al ruolo svolto dalla Chiesa. Dopo l’indipendenza dello stato africano, infatti, anche la dimensione missionaria ha cambiato volto, “ripartendo dalla formazione di piccole comunità rurali”.
Scavo ha ricordato l’essenziale ruolo che i giornalisti rivestono oggi nei luoghi di conflitto e non solo: “Papa Francesco cita spesso la ‘terza guerra mondiale’ a pezzi, che è ancora poco conosciuta e raccontata – ha detto -. La responsabilità della stampa è importante, perché essa dà voce a contesti cruciali anche per la nostra quotidianità. L’inviato oggi più che mai deve essere testimone, mettendo a disposizione il proprio sguardo e talvolta la vita per raccontare, approfondire e scrivendo di fatto la prima bozza della storia”.
“Testimoniava un amore profondo come dono gratuito, senza voler ricevere nulla in cambio – ha aggiunto Salmaso -, il valore della solidarietà nella sua dimensione universale, riconoscendoci tutti fratelli e dando alle persone diritto di esistere, e infine una fede profonda vissuta intensamente. Suor Maria ha dedicato il suo tempo a sperimentare lo strumento dell’ascolto: accoglieva le persone e le ascoltava a lungo”.
Mazzola ha infine analizzato le vicende odierne economiche e sociali del Mozambico, ribadendo la complessità della situazione del Paese e le forti diseguaglianze esistenti a livello di popolazione, nella quale convivono religioni diverse: “Suor Maria è stata vittima innocente di un triste conflitto – ha concluso il giornalista – e oggi coltiviamo comunque la speranza che siano intraprese vie giuste ed efficaci per il dialogo, il progresso e la pace”.
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